L’ALBERO DAI FRUTTI D’ORO...

"E tu, quale frutto vuoi portare? Con la tua vita, puoi far nascere l'amore!"...

Il Gufo nei suoi pensieri notturni disse:

Un imbroglione matricolato, che non distingueva il mio dal tuo,
e si impossessava, allegramente, dell'uno e dell'altro,
fu, infine, catturato, e condannato a morte!
In cambio della vita, offrì ai Giudici un segreto sbalorditivo:
il metodo per piantare alberi, che producevano frutti d'oro!
La notizia giunse all'orecchio del Sovrano,
il quale pensò, che valesse la pena, di fare un tentativo...
L'uomo spiegò, tranquillamente, che era pronto a dimostrare la sua straordinaria capacità,
e chiese soltanto un pizzico di polvere d'oro, e una pala!
Il Sovrano accettò: «Ma, se non è vero, finirai nelle mani del boia!».
Il mattino seguente, il Re, e tutta la sua corte, si ritrovarono nel giardino reale.
L'uomo si inchinò profondamente, davanti a tutti i dignitari, vestiti in gran pompa, e disse:
«Potentissimo Sire: vedrai, che è molto semplice!
Io scaverò una piccola buca, nella terra:
vi metterò un pizzico d'oro e, per tre giorni, verserò un secchio d'acqua...
Il terzo giorno, l'albero spunterà, e porterà tre frutti d'oro,
che, a loro volta, potranno essere seminati,
e diventare altri alberi, carichi di frutti d'oro massiccio!».
«Allora!», si spazientì il Re. «Smettila di "cianciare", e semina l'oro...
Se, fra tre giorni, non vedo i frutti d'oro, finirai sul patibolo!».
«O sommo Signore!», piagnucolò il furbacchione.
«Non posso, farlo io! Il segreto funziona solo, a una condizione:
la mano, che semina l'oro, deve essere totalmente innocente,
e non aver mai commesso nulla di ingiusto...
In caso contrario, il prodigio non avviene!
Per questo, come puoi ben capire, non posso utilizzare il segreto, per me...
Ma, tu sei nobile, e clemente, Signore: e, quindi, puoi!».
Il Re afferrò la vanga, ma gli venne in mente quello che aveva commesso,
durante l'ultima guerra.
«Le mie mani grondano di inutili crudeltà, verso i nemici!
Renderei vana, la magia... È meglio, che ci provi qualcun altro!».
Il Sovrano fece un cenno, al Ministro del Tesoro...
Ma, invece di avvicinarsi, il Ministro si ritrasse!
«O magnifico Sovrano, ti ho sempre servito fedelmente,
ma, una volta, mi è occorso un incidente increscioso, nella camera del Tesoro:
un pezzo d'oro è rimasto attaccato, alla suola delle mie scarpe, e così...».
«Va bene!», brontolò il Re.
«Il mio incorruttibile Giudice supremo, impugnerà la pala!».
Il Giudice rifiutò, con un inchino:
«Volentieri, lo farei, ma, in questo momento,
inizia un importante processo, che non posso, assolutamente, perdere... Scusatemi!».
Il Re si voltò, e vide che, piano piano,
Ministri, gentiluomini, consiglieri, e cortigiani,
se l'erano squagliata, alla "chetichella", e si mise a ridere:
«Me l'hai fatta, furbone matricolato! Così, so, che nessuno è innocente...
Neppure io!
Ho capito, la lezione: prendi i tuoi soldi, vattene, e non farti mai più vedere!».

"Per questo, oggi, nel mondo, non esistono alberi,
che danno frutti d'oro...".
«Gesù alzò il capo, e disse loro:
"Chi, di voi, è senza peccato, scagli, per primo, la pietra, contro di lei!"...
Ma quelli, udito ciò, se ne andarono, uno per uno,
cominciando dai più anziani, fino agli ultimi!»
("Vangelo di Giovanni 8,3-11").